L’evoluzione tecnologica immette nuove energie nella ricerca sull’Alzheimer, aprendo la strada verso nuovi scenari nella predizione della malattia e nel suo trattamento. Vediamo nel dettaglio l’esperienza del Fatebenefratelli
“La ricerca sull’Alzheimer non si è fermata durante la pandemia. Anzi, se possibile, ha trovato nuovo impulso. Stiamo lavorando su molti versanti sfruttando appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie con l’obiettivo di rendere fruibili i prodotti delle nostre ricerche. Grazie alla tenacia ed alla creatività dei nostri ricercatori abbiamo raggiunto risultati significativi negli ultimi mesi” commenta la dott.ssa Roberta Ghidoni, Direttrice Scientifica dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia. “Le principali sfide che stiamo fronteggiando riguardano la stratificazione dei soggetti e la riabilitazione cognitiva, con una attenzione alle evoluzioni in atto sul fronte della terapia. La stratificazione dei soggetti è fondamentale, anche alla luce degli attuali sviluppi sul fronte farmacologico: abbiamo pertanto lavorato alla messa a punto di un nuovo saggio di spettrometria di massa per meglio caratterizzare la tipologia di amiloide presente nel liquido cerebrospinale umano identificando e quantificando peptidi in precedenza non descritti; sul fronte della neuroinformatica: abbiamo descritto ‘curve di invecchiamento’ che permettono di identificare la presenza o l’assenza dell’atrofia ippocampale rendendo al contempo fruibile un algoritmo in grado di fornire in tempi estremamente rapidi al medico specialista il volume dell’ippocampo. Con l’intento di stratificare siamo inoltre arrivati ad identificare un nuovo biomarcatore plasmatico comune a tre forme di demenza: questa evidenza sta ora guidando i nostri studi in una direzione ben precisa, volta ad identificare una causa patogenetica comune per malattia di Alzheimer, demenza frontotemporale e demenza a corpi di Lewy”.