Grazie alla nostra esperta prendiamo in esame come musica e danza possono essere strumenti preziosi per contrastare i devastanti effetti della demenza senile. Entriamo nel merito del perché e di come questi linguaggi universali possono divenire strumento di assistenza all’interno delle strutture per anziani
“In motu vita” dicevano i latini, ovvero “nel movimento la vita”. Essere vivi significa muoversi, dalla singola cellula al corpo globale; grazie alla perfetta complementarietà e integrazione dei vari sistemi, l’essere umano è caratterizzato dal movimento. La demenza è una sindrome contraddistinta da molte “perdite” tra cui purtroppo, forse meno evidente ed invalidante rispetto alle altre, vi è anche la perdita del movimento finalizzato, della capacità di mettere in atto una sequenza di azioni con un obiettivo da raggiungere (aprassia). Altro elemento caratterizzante la patologia dementigena è il disturbo comportamentale; di particolare interesse motorio è il movimento motorio aberrante, il wandering o al contrario l’apatia che si manifesta nel mantenimento prolungato della stessa posizione, tipicamente con gli arti superiori flessi, tronco e capo flessi in avanti, sguardo fisso ed un’espressione indifferente all’ambiente che lo circonda, fino a raggiungere negli stadi più avanzati caratteristiche di sindrome ipocinetica. Da qui quindi la necessità di stimolare il movimento nella persona con demenza, sia per un benessere fisico generale, sia per rallentare, per quanto possibile, il decorso della malattia. Per molto tempo la demenza è stata considerata un fattore di esclusione nei programmi di fisioterapia, anche in situazioni più specifiche che richiedevano l’intervento professionale del fisioterapista, come poteva essere una frattura di femore, ad esempio. Questo a causa della difficoltà di coinvolgere attivamente il malato per i deficit cognitivi e comunicativi, tipici della patologia.